Il puzzle Moro by Giovanni Fasanella

Il puzzle Moro by Giovanni Fasanella

autore:Giovanni Fasanella [Fasanella, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Chiarelettere
pubblicato: 2018-02-14T23:00:00+00:00


«Golpe o appoggio a una diversa azione sovversiva?»

La saggezza di Paolo Emilio Taviani

Che il problema italiano non fosse il Pci, gli inglesi lo sapevano benissimo. E da tempo. Lo aveva spiegato con molta chiarezza all’ambasciata di Porta Pia anche un uomo al di sopra di ogni sospetto come Paolo Emilio Taviani. Sì, lui: il capo della Resistenza bianca, il presidente della Federazione dei partigiani anticomunisti, il vecchio amico di Edgardo Sogno, il fondatore della Gladio e, infine, uno dei personaggi italiani «coltivati» dall’Ird, l’organismo della propaganda occulta dei servizi segreti britannici. 1 Era ministro dell’Interno quando, nell’ottobre del 1974, ebbe una serie di colloqui con emissari della sede diplomatica inglese. Quasi certamente aveva intercettato i movimenti di Sogno ed era al corrente che dietro l’ex capo della Franchi c’erano ambienti anglofili. Per questo volle far sapere ai suoi amici che cosa pensava della situazione italiana. Tra l’altro, aveva sciolto Ordine nuovo, l’organizzazione neonazista implicata nella strage di piazza Fontana e in altri episodi eversivi; e aveva rimosso il discusso Federico Umberto d’Amato dalla direzione dell’ufficio Affari riservati del Viminale, l’uomo dei vecchi servizi anglo-americani. Decisioni che a Londra probabilmente avevano fatto dubitare dell’anglofilia del ministro degli Interni. Ma Taviani, come tanti altri esponenti della classe dirigente cattolica del dopoguerra, aveva ben chiaro il limite del rapporto con gli inglesi. Era riconoscente per il loro contributo alla liberazione dell’Italia dal nazifascismo e per il loro ruolo nel sistema difensivo atlantico, ma se erano in gioco gli interessi nazionali, e se a minacciarli erano proprio i britannici, allora non aveva alcuna incertezza: sapeva da che parte stare. E ai diplomatici di Porta Pia disse con estrema chiarezza che «se in passato il pericolo veniva dal Pci», ora non era più così: le minacce arrivavano dall’estrema destra e dai progetti autoritari. Invitò quindi i suoi interlocutori a prendere atto dell’«evoluzione» berlingueriana e a prepararsi anche all’eventualità di alleanze tra la Dc e il Pci nelle realtà locali, sebbene questo non significasse in alcun modo «portare i comunisti al governo» nazionale. 2

Un segnale molto netto. Un invito a non esasperare gli animi usando l’arma psicologica del pericolo Pci, che i britannici non vollero cogliere. Perché, a dispetto delle ostentate ossessioni anticomuniste, il loro vero chiodo fisso era un altro: Moro e la sua politica mediterranea, se fosse necessario sottolinearlo ancora una volta. E Taviani lo sapeva. Era legato a Moro da un’antica amicizia. Con lui e Mattei aveva costruito la rete italiana di Stay-Behind. Non dubitava della sua fede atlantica. Né del suo anticomunismo. Ma, come Moro, e prima ancora De Gasperi, pensava che la classe dirigente democristiana avesse una missione: normalizzare la democrazia italiana favorendo l’evoluzione del Pci, incoraggiandolo a rompere i residui legami con l’Urss e a compiere una definitiva scelta di campo a favore dell’Occidente. Perché quello non era solo uno dei presupposti della tenuta del sistema interno, ma anche la base su cui fondare il ruolo internazionale dell’Italia: quanto più ampia fosse stata l’area di condivisione di valori comuni e



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